Anche il Gioco del Ponte salta a causa del Covid | ViviamoPisa

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Mannaggia al Covid che ci leva pure “la battaglia”. Ricordi del Gioco del Ponte

Mannaggia al Covid che ci leva pure “la battaglia”. Ricordi del Gioco del Ponte

Il Giugno pisano 2020, a causa della pandemia di Covid-19, non ha visto la Luminara e il palio. Purtroppo anche il Gioco del Ponte subisce la stessa sorte e per gli appassionati (me compreso) è un duro colpo.

E allora è impossibile non tuffarsi nei ricordi, pensando a quei colori di costumi e “targoni”, alle trombe squillanti, alle magistrature che sfilano davanti ai tifosi esultanti.

Quel ritmo di tamburi richiamanti momenti guerreschi di un tempo mi sono rimasti in testa dai primi ricordi. Sono l’avviso in lontananza che il corteo storico del Gioco del Ponte è partito (il più grande d’Europa con oltre 700 figuranti), con le sue guardie al campo con corazza, i paggi e lo sbandieratore della magistratura, che intrattiene il pubblico facendo abili giochi con la bandiera sui cui appare al centro l’impresa della magistratura. E poi i protagonisti, coloro che salgono sul carrello: i combattenti e i rispettivi capitani.

“Pisa tremar fa l’acqua e la terra”, “Melius dare quam accipere”, “Pisa a pugnar invitta, a vincer nata”, sono alcuni dei coloriti motti che ricordano il passato di Pisa potenza militare e di quanto il Gioco fosse molto legato alle gesta di battaglia, prima di essere interrotto per la sua efferatezza e poi radicalmente riformato e convertito in atto di forza mostruosa tra colossi.

“Vieni a fare il paggio”, mi diceva quando ero bambino il compianto Benedettini, mitico capitano dei Dragoni e poi del Sant’Antonio. Una proposta accattivante, ma che non ho mai accettato perché, a parte abitare nel quartiere del San Michele ed esserne tifoso convinto (che in ogni caso non condiziona per forza certe scelte), alla fine ho sempre preferito godermi il Gioco nella sua interezza. E quanti amici con svariati ruoli, dalla guardia al campo, fino al combattente e al capitano, con i quali condividere la passione, soprattutto le mosse impartite sul carrello per avere la meglio sull’avversario, compreso assistere a qualche prova di simulazione durante l’anno nella palestra di qualche magistratura. Alcune battaglie sono nitide nella memoria, come la mitica San Michele-Delfini del 1992, oltre 22 minuti combattimento, con andirivieni da una parte all’altra del carrello. Per la cronaca: stare tutto quel tempo in una situazione di trazione e sforzo costante è una cosa ai limiti dell’impensabile. Alla fine vinsero le “mie” aquile (ma dopo una prova così è quasi irrilevante chi ha la meglio) e, comunque, non è stata l’unica prova del genere nell’arco degli anni.

Istanti dei quali poi ho potuto godere, per motivi di lavoro, quando mi sono trovato ai piedi del carrello. Un momento in cui è palpabile la fatica di quei bestioni e l’unico confine che ti separa da loro è una sola (e sostanziale) cosa: il potente sforzo che esercitano per spingere il carrello. Un percorso che arriva dritto fino alla caduta della bandierina all’estremità della parte avversa.

E al solo pensiero sento nello stomaco le vibrazioni del rullio dei tamburi che battono per fare sentire il sostegno alla propria parte, le grintose urla dei combattenti quando sono chiamati a salire sul ponte, il progressivo rumore del pubblico quando comincia ad oscillare il carrello.

Sarà un ultimo sabato (un tempo era la domenica) di giugno atipico. Teniamoci strette tutte le esperienze vissute fino ad oggi, i ricordi di sempre e quella voglia di riavere quanto prima il nostro Gioco del Ponte!

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