Ti ricordo con gli occhi di un bambino. Saluto a Gigi Simoni
Per i pisani Luigi Simoni è uno storico allenatore, per Andrea è “nato” come l’idolo di un bambino ed è “cresciuto” come un uomo dalle grandi qualità.
Il calcio per me rappresenta una passione lontana, una di quelle cose nate quando guardavo il mondo con gli occhi di un bambino. Gli occhi dei bambini spesso sognano ma non sono ingenui. Le primissime rimembranze, addirittura alcune che riportano nella mente svanite immagini della tragedia dell’Heysel durante la finale di Coppa Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus, sono quelle della Coppa del Mondo di Messico ’86, i mondiali della “Mano de dios”.
I ricordi più nitidi però iniziano proprio a seguito della competizione messicana, momenti in cui ho iniziato a memorizzare i primi nomi. Maradona, Van Basten, Gullit, Anconetani, Piovanelli e… Simoni.
Ovviamente a quell’età non conosci un allenatore, anche se di lungo corso, che non sia un nome altisonante. Ma del resto Luigi Simoni allenava il Pisa, il mio primo amore calcistico (anche per quello ricordavo Romeo Anconetani e “Capitan” Piovanelli). Proprio nella stagione ’86-’87 portava per la sua seconda volta lo Sporting club in serie A.
Simoni l’ho conosciuto poi molti anni dopo. Era una primavera del 2007 ed è stata la solidarietà in un certo senso a farmelo conoscere.
Al tempo ero portavoce del Comitato Pisa Grande Cuore, che radunava una rete di associazioni unite in iniziative solidali. All’Arena organizzammo un appuntamento di beneficienza in memoria di Gianluca Signorini, calciatore pisano, bandiera del Genoa, scomparso a causa della SLA nel 2002.
C’erano molti personaggi dello spettacolo, vecchie glorie del calcio pisano e non solo.
Ad un certo punto arrivò Simoni. Eravamo in prossimità dell’ingresso della tribuna autorità e lo vidi apparire. Mi presentai e gli dissi che lo avrei accompagnato in campo (anche se la strada la conosceva molto bene). Pur stando nel ruolo che mi competeva sentii un’emozione forte.
Per me Simoni era un riferimento del calcio, ma gli riconoscevo soprattutto grandi doti umane. Quella dolcezza che trasmetteva, i modi pacati, insieme ad una grande umiltà che lo accompagnavano, erano i suoi tratti distintivi. Gli chiesi come stava andando la nuova esperienza da Direttore tecnico e facemmo una breve chiacchierata sul Pisa che in quella stagione stava per a tornare in B dopo 13 anni (nel giorno di San Ranieri, tra l’altro).
Simoni era anche un uomo fermo, come un bravo allenatore deve essere, dotato di tutte le qualità necessarie per stare in quel mondo e a quei livelli.
Aveva vinto molto (campionati di B e una Coppa Uefa, più il “famoso” scudetto sfiorato con l’Inter), ma non era stato immune da esperienze deludenti e situazioni ingiuste, di quelle che nel calcio capitano spesso. Ma proprio questo mi piaceva, perché l’insieme di quelle situazioni qualificava il personaggio.
Con Simoni ci siamo incrociati in altre occasioni, ma quasi sempre in contesti un po’ affollati dove ci scappava un saluto e poco più.
Non riuscivo a dargli del tu come a volte si fa con i personaggi famosi. Lui era Gigi Simoni, ma per me era “Mister Simoni” e non riuscivo a chiamarlo “Gigi”. Quell’uomo così affabile e cordiale riusciva a infondere grande rispetto.
L’ultima volta che l’ho visto era nel 2016, alla presentazione del libro biografico dal titolo “Simoni si nasce”, un gioco di parole con il detto “signori si nasce”, che calzava bene con lui che signore era davvero.
Acquistai il libro e mi avvicinai come un bambino davanti al suo idolo per chiedere un autografo. Mi fece una dedica molto semplice, “Ad Andrea con affetto, Gigi Simoni”, parlammo poi pochi minuti, della mia passione per il Pisa e di quella vecchia per l’Inter, in particolare nel periodo dei suoi anni a Milano e lui esclamò: “Ma allora ci voleva una dedica adeguata alle passioni”!
Non importa Mister, va bene così, nella scritta “Con affetto” c’è tutto Gigi Simoni.
E ora posso tornare a vedere le cose con gli occhi di un bambino.