Il San Matteo è un posto bellissimo! | ViviamoPisa

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Il San Matteo è un posto bellissimo!

Il San Matteo è un posto bellissimo!

Il Museo di San Matteo di Pisa è uno scrigno che ci racconta cose meravigliose sull’arte medievale toscana. Dal 18 luglio ha riaperto i battenti: quale migliore occasione per scoprire le sue chicche?

L’arte medievale è ostica, non giriamoci intorno. A un occhio poco esperto può sembrare quasi monotona: Madonne in trono che ti guardano austere, orde di Gesù Bambini di ogni forma e dimensione, santi rigidi e impaludati, sfondi dorati che tolgono ogni percezione di spazio, figure sproporzionate. “Nel Medioevo non sapevano disegnare” è una frase che ho sentito risuonare varie volte, riferita al fatto che la pittura medievale non è certo realistica. Ma il fatto è un altro.

Della realtà come la intendiamo noi, ai committenti e ai pittori medievali non importava un bel niente. La realtà era ben altra cosa: quell’intrico di simboli che legava l’essere umano alla dimensione divina era percepito come più reale della terra su cui i nostri antenati medievali poggiavano i piedi. Al tempo, l’arte non era il frutto dell’estro solitario di un artista, ma uno strumento di comunicazione che restituiva dei messaggi ben precisi. In più, si fa presto a dire “Medioevo”: mille anni di storia non ci restituiscono certo solo Madonne e Gesù Cristi! Insomma, per apprezzare l’arte medievale bisogna, come dire, cambiare prospettiva e lasciare le coordinate secondo cui ragioniamo oggi.

Va bene, mi sono lasciata prendere la mano dallo spiegone introduttivo. Ma se vi è venuta un po’ di curiosità, c’è un luogo a Pisa dove fare una grassa indigestione di arte medievale: il Museo di San Matteo che, fra l’altro, ha riaperto i battenti il 18 luglio. Gli ingressi sono scaglionati e la prenotazione obbligatoria, ma nessun problema: a un costo davvero esiguo avrete la possibilità di conoscere uno dei musei medievali più forniti d’Italia. Perché nonostante l’aria esterna un po’ dimessa e démodé, il Museo di San Matteo è davvero un pezzo da novanta.

Tanti Crocefissi tutti assieme non li avete mai visti.

La Sala delle Croci Dipinte è la più famosa – e suggestiva, aggiungerei – del Museo di San Matteo. In un ambiente in penombra si stagliano in modo molto scenografico sette Crocefissi in legno dipinto che coprono un secolo di pittura toscana e pisana. Un secolo molto importante, perché fra metà 1100 e metà ‘200 cambia il modo di rappresentare il Cristo in Croce, e la Sala delle Croci Dipinte testimonia proprio questo cambio di passo. I Crocefissi più antichi raffigurano il Christus triumphans, cioè Cristo trionfante. Gesù ha gli occhi aperti e, pur avendo mani e piedi inchiodati, sembra non fare una piega: quanto di meno realistico possiamo immaginare, giusto? La verità è che in queste raffigurazioni Cristo è già morto e risorto, seppur ancora appeso alla croce. Convivono in lui lo stato umano e quello divino, ma è il secondo che si esprime.

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La Sala delle Croci dipinte (foto di Eleonora Lollini).

I Crocefissi più recenti, invece, raffigurano il Christus patiens, cioè il Cristo sofferente. Sta qui il grande cambio che influenzerà tutta l’arte a venire: Gesù è raffigurato nella sua dimensione umana, un uomo che sta morendo sulla croce. La testa si reclina sulla spalla, il corpo si piega alle leggi della gravità e pende verso il basso. Una rivoluzione di stile che comincia a segnare anche un cambio di mentalità, e un primo passo verso la rappresentazione realistica come la intendiamo oggi (spoiler: il passo decisivo lo farà Giotto, ma siamo a fine ‘200 e dentro Santa Maria Novella, a Firenze).

Fumetti medievali.

Già che ci siamo, voglio dedicare un paragrafo a una delle mie opere preferite dentro il Museo di San Matteo: Sant’Orsola che salva Pisa dall’alluvione. È una tavola molto insolita anche per gli addetti ai lavori, storici dell’arte e studiosi, perché esula dalle rappresentazioni canoniche della santa. Ma non mi dilungherò sulle teorie riguardanti il suo significato nascosto (qui ne trovate alcune), limitiamoci a ciò che vediamo. Intanto, uno sfondo blu che sembra di velluto: non solo oro, quindi, e ci sta: siamo a fine ‘300 e le ambientazioni sono spesso più caratterizzate. C’è anche un fiume pieno di pesci che sgorga da una montagna. Al centro c’è Sant’Orsola che porta il vessillo di Pisa e, come spesso accade ai santi, lo strumento che le ha dato la morte: nel suo caso, una freccia. La santa è più grande di tutte le altre figure rappresentate. Questo non vuol dire che “nel Medioevo non sapevano disegnare” o che la santa è in primo piano rispetto alle altre figure, bensì che si tratta del personaggio principale del dipinto. Ricordiamoci di cambiare punto di vista: qui le regole della prospettiva non valgono. Nella pittura medievale chi è più importante è raffigurato più grande, stop.

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Sant’Orsola salva Pisa dall’alluvione (Foto: Miguel Hermoso Cuesta / CC BY-SA 4.0)

Sant’Orsola è fiancheggiata da un esercito di belle fanciulle, le undicimila compagne che la seguirono in pellegrinaggio dalla Britannia a Roma, e poi a Colonia dove furono tutte trucidate. Nella nostra tavola dipinta, sta tirando fuori dall’acqua un’altra fanciulla con la corona e un vestito tempestato di aquile imperiali: in altre parole, Pisa. Nel mentre, Pisa parla con un angelo che svolazza alle spalle della santa. Le parole escono sotto forma di cartigli, come in un fumetto di sapore medievale. Il Vasari, che nelle sue Vite parla anche di quest’opera e ragiona come un uomo del suo tempo, cioè il ‘500, definisce queste scritte come “goffe e plebee”. Sarà, ma io le trovo adorabili!

Ma quanto brilla questo oro?

Abbiamo detto dell’oro. Sì, a parte qualche eccezione, al San Matteo troverete tanti, tantissimi sfondi dorati. Il più impressionante è quello del Polittico di Santa Caterina di Alessandria, che all’interno del Museo di San Matteo occupa un posto d’onore. L’autore è un certo Simone Martini, nome di spicco della pittura trecentesca toscana (è suo l’affresco della Maestà nel Palazzo Pubblico di Siena). Oltre all’oro, prestando un po’ di attenzione, nel polittico è possibile scovare anche qualche pietra preziosa incastonata nel vestito di Santa Caterina.

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Il Polittico di Santa Caterina di Alessandria di Simone Martini (foto: dalla pagina Facebook del Museo di San Matteo)

Ma perché, in generale, tutto questo oro? Intanto, sappiate che è oro vero. Non si ricavava da pietre, piante o animali come gli altri colori, ma direttamente dalle monete che venivano martellate e ridotte in lamine (mai sentito il cognome “Battiloro”?). Le minuscole foglie d’oro venivano poi stese e fissate sulla tavola per ricavare sfondi scintillanti, ma anche aureole, dettagli o inserti negli abiti dipinti. L’oro è un metallo che non ossida, il suo splendore si mantiene nel tempo. In qualche modo, è eterno. E, nei secoli, continua a portarci per mano in quella dimensione “non reale” che permea la pittura medievale, priva di riferimenti spaziali, ma dall’atmosfera davvero scintillante.

E le statue, dove le mettiamo?

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Madonna del latte (Foto: Miguel Hermoso Cuesta / CC BY-SA 4.0)

L’arte medievale non è solo pittura, ma anche scultura. E gli scultori toscani, nel Medioevo, facevano parlare di sé. Al Museo di San Matteo, al pianterreno, c’è una sala dedicata alla scultura pisana dal 1100 al ‘400. Riunite nello steso spazio, troviamo statue e parti decorative che appartenevano in origine a diverse chiese pisane: lunette, architravi, frammenti di pulpito… Fra questo puzzle assortito e ben allestito, ci sono anche le statue gotiche originali tolte dall’esterno di Santa Maria della Spina.

Se le pitture ci sembrano talvolta stilizzate e poco realistiche, le sculture non fanno certo la stessa impressione. La statuaria, in qualche modo, anche nel corso del Medioevo rispecchia di più il nostro senso comune di “reale”. Basti vedere una delle chicche del museo, al piano di sopra: la Madonna del Latte attribuita ad Andrea e Nino Pisano, anche questa in origine presso la chiesa della Spina. Sarà o no espressivo il viso della Madonna? E il Gesù Bambino già grandicello, che non disdegna affatto una poppata di latte? Tocco di classe per finire: l’oro dei capelli di Gesù e della bordatura dei vestiti che spiccano sul bianco del marmo… quando si dice l’attenzione al dettaglio!

Museo San Matteo Pisa: orari e informazioni pratiche.

Questo non è che un piccolo assaggio. Mancano all’appello le ceramiche pisane e islamiche, il monetiere, i numerosissimi santi, la sezione archeologica, le opere di passaggio verso il ‘400 (fra cui un Masaccio)… Se adesso vi sentite un po’ più motivati a scoprire le storie meravigliose dell’arte medievale (e non solo), se già da un po’ vi frullava l’idea di vedere il Museo di San Matteo o se volete tornare a visitarlo, ecco qui come fare.

In questa fase post-quarantena (dire post-Covid mi sembra un filo azzardato), il Museo di San Matteo è aperto dal giovedì alla domenica, con turni di visita alle 9.00, 11.30, 15.30, 17.30. Per ciascun turno, è previsto un numero massimo di 15 persone, quindi è necessaria la prenotazione. Per prenotare bisogna chiamare il numero 050 541865 da lunedì a mercoledì, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19.

Buona visita! 🙂

In copertina: Andrea di Bartolo,”Un monaco invidioso del Santo cerca, mentre questi è in pellegrinaggio a Roma, di svellere la croce fatta con la spada dal masso in cui era confitta sul Monte, ma viene assalito da un lupo, quindi si pente”, particolare (Foto: dalla pagina Facebook del Museo di San Matteo).

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